La nuova legge sul copyright, a chi giova veramente?

E’ stata da pochi giorni approvata la nuova legge sul copyright, ed ha subito suscitato polemiche ed approvazioni di vario tipo.

Ho voluto capire meglio di cosa si tratti, per farmi un’idea precisa e capire che impatto avrà.

Parto dal capire se IO, avrò un impatto, se dovrò modificare una qualche modalità di approccio al web ed ai contenuti, alle condivisioni o alle pubblicazioni.

NO, io non dovrò modificare le mie abitudini, e potrò continuare a scrivere, pubblicare, creare o condividere contenuti.

La legge sul copyright esiste già, ed è sufficiente continuare a rispettarla per chi pubblica senza essere editore.

COSA CAMBIA QUINDI? PER CHI CAMBIA?

Cambia per i “big” del web, per Google, Facebook e qualsiasi grande entità, entri nel campo da gioco dei contenuti online.

La legge sul copyright infatti, si rivolge principalmente alle grandi compagnie, che utilizzano i contenuti creati e li condividono per renderli disponibili agli utenti, quindi a noi tutti, e vuole definire una remunerazione per l’autore dei contenuti.

Faccio un esempio per semplicità:

se Google news, la piattaforma aggregativa di notizie condivide la pagina l’articolo completo della pagina del Corriere della Sera, Google deve corrispondere un valore per il contenuto creato all’autore, ed al Corriere della Sera.

Questo vale per tutti i contenuti sui quali si configura il diritto d’autore: quindi canzoni, video, scritti, ecc

CHI VIENE ESCLUSO:

Le piccole realtà imprenditoriali del web, organizzazioni senza fini di lucro (come ad esempio Wikipedia). Resta da capire quale sarà l’esatto confine della piccola realtà.

I deputati europei che hanno realizzato la normativa, hanno anche inserito indicazioni per non ostacolare la libertà di espressione che resta una caratteristica del web.

Quindi, la condivisione di link degli articoli, la semplice descrizione, sarà libera dai vincoli del copyright.

La norma inoltre cita: “Qualsiasi misura adottata dalle piattaforme per verificare che i contenuti caricati non violino le norme sul diritto d’autore dovrebbe essere concepita in modo da evitare che colpisca anche le opere che non violano il copyright. Le stesse piattaforme dovranno inoltre istituire dei meccanismi rapidi di reclamo (gestiti dal personale della piattaforma e non da algoritmi) che consentano di presentare ricorsi contro una ingiusta eliminazione di un contenuto”.

QUALI SONO I RISCHI DELLE PROSSIME MOSSE?

Partiamo dal considerare che i singoli paesi dovranno essere in grado di portare a termine l’iter di approvazione.

Al momento attuale si può prospettare uno scenario duplice:

  1. i creatori di contenuti riceveranno un compenso dai provider di informazioni, per i contenuti che questi ultimi andranno a condividere
  2. i provider di informazioni smetteranno di condividere i contenuti creati dalle testate giornalistiche.

Nel caso 1 quindi potrebbe non cambiare nulla o quasi rispetto ad oggi, con la differenza che la testata giornalistica che vedesse i propri articoli postati all’interno di un provider di informazioni, riceverà un compenso.

Nel caso 2 i provider di informazioni proveranno a dimostrare che senza la visibilità ottenibile grazie alle loro condivisioni ed alla presenza che garantiscono sul web, i contenuti creati avranno un crollo di visualizzazioni.

Proviamo per un attimo a pensare cosa succederebbe se Google e Facebook non volessero più dare spazio ad un link di un articolo di un quotidiano, e di conseguenza si tornasse a dover cercare quell’articolo direttamente sul portale del quotidiano.

Che impatto avrebbe sulle visualizzazioni? Quali conseguenze per la portata di tali contenuti?

(Crollo di Facebook: che sta succedendo al gigante dei social? Leggilo qui.)

Vediamo la cosa da un altro punto di vista:

Questa legge sul copyright, si collega al GDPR, altra legislazione che vuole colpire i BIG del web, per limitarne lo strapotere in Europa.

Se infatti vediamo quali sono le piattaforme maggiormente utilizzate, troviamo ai primi posti GOOGLE e FACEBOOK o rispettivi marchi.

Questo sia che si tratti di app, sia che si tratti di siti web che vengono visitati.

Se si esclude Amazon, il principale sito di E-commerce, e Wikipedia che come detto viene esclusa da questa normativa, ecco che il web è monopolizzato dai grandi portali USA; ecco quindi che la direttiva nasce per contrastare questo strapotere, ma…

La mia opinione:

Per contrastare un fenomeno così esteso, non può bastare una norma, soprattutto sul web che è simbolo di libertà e condivisione.

La medicina per cercare di salvaguardare il diritto del creatore di contenuti, rischia di essere dannosa se in realtà porterà ad un crollo di visibilità di tali contenuti.

Meglio vendere poco a pagamento, oppure offrire tanto aumentando la visibilità ed ottenendo vendite, pubblicità, ed indotto?

L’esempio lo si può già trovare nella musica, dove i cantanti hanno capito che non è nel bloccare in assoluto le proprie creazioni rendendole tutte a pagamento, quanto incentivando la crescita del proprio “brand” di artista che ne traggono beneficio.

Pochi giorni fa, quasi in coincidenza con l’approvazione della normativa, una leggenda della musica come Paul McCartney ha infatti condiviso gratuitamente su Youtube un suo concerto in cui ha suonato i brani storici dei Beatles.

E in passato ci fu un contenzioso per non far pubblicare i brani dei Beatles su Itunes. Ma i tempi cambiano..

Mi occupo di innovazione e digitale, web e social da 15 anni.

In questo blog parlo di come l’innovazione può portare semplificazione al lavoro.

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